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lunedì 5 aprile 2010

KeepIt Simple, Stupid. Epilogo di un popolo che da quindici anni ha smesso di crescere.


Curzio Maltese, “La bolla”, ed. Feltrinelli, 133pag. 13 euro.




di Giovanni Puglisi
“L’Italia vive da quindici anni in una bolla politica e mediatica, il berlusconismo. Mezza Italia, per la verità: la più felice. Chi guarda la bolla da fuori si preoccupa, si incazza, si strazia per capire come un trucco tanto facile abbia stregato milioni di adulti che non volevano crescere. Chi vive dentro la bolla si sente leggero, avvolto, protetto come un bambino, in un mondo pieno di colori, dove sono scomparse le faccende complesse, noiose. E’ ottimista, per lui nessun problema può sfuggire alla più facile delle soluzioni. Osserva quelli in basso e ride: KeepIt Simple, Stupid”.
Cominciano con questa amara constatazione le prime pagine dell’ultimo libro-inchiesta di uno dei più noti editorialisti di Repubblica, Curzio Maltese (nato a Milano, classe 1959).
Una spietata analisi, suddivisa in dieci capitoli, con la quale Maltese si interroga sulle ragioni profonde dello stato attuale di un paese, con uno sguardo razionale, cinico non senza l’ironia che contraddistingue il suo modo di scrivere.
“Nell’era dell’irresponsabilità, l’Italia è diventata il paradiso delle bolle di sapone”. Il libro si apre raccontando non la storia legata a Berlusconi ma a quella legata a Bernie Madoff, il più grande truffatore della storia, che ha truffato 58 miliardi di dollari. Un signore che usava un motto, con il quale istruiva i suoi venditori, KISS acronimo di Keep it simple, stupid, falla facile, stupido. Negli USA è stato condannato a 150 anni di carcere. Se fosse successo in Italia sarebbe ancora a piede libero e probabilmente siederebbe in Parlamento o al Governo.
Questo è anche un libro contro la semplificazione, una impietosa stoccata contro l’idea del governo del fare, cioè l’idea che i problemi complessi, la modernità si possano risolvere con una trovata. “Quando si vende una spiegazione semplice ad un fatto complicato dietro c’è una truffa – sostiene Maltese - come avviene nelle bolle finanziarie, le quali vendono l’illusione che si possano fare i soldi al di là della produzione, semplicemente appunto speculando all’infinito”. E aggiunge: “La bolla politica nella quale siamo immersi non permette agli italiani di vedere quali sono i problemi reali del paese oppure li cancella con un tratto di penna, con uno slogan. Ma i problemi ci sono, rimangono e sono quelli che c’erano prima di Berlusconi.”
Maltese nel ripercorre questi ultimi quindici anni getta prima uno sguardo sulla fine della prima Repubblica, con il collasso della sua classe dirigente, che lasciava comunque un paese intenzionato a voltare pagina, poiché attorno alle istituzioni, ai poteri democratici, alla magistratura e alla libera informazione c’era ancora fiducia da parte dell’opinione pubblica. “E’ finita male. –prosegue. - Oggi rimangono i problemi di allora, aggravati, ma è sparita la speranza. E’ subentrata la rassegnazione a convivere con le mafie e le oligarchie criminali, e non ultimo con la corruzione, il declino, l’indecenza della vita pubblica. Il berlusconismo, ha lasciato i problemi a terra, a marcire, e ha convogliato le speranze in una bolla destinata presto a esplodere. La seconda Repubblica è stata una stagione di riformismo immaginario, da una parte e dall’altra. Ormai la maggioranza degli italiani è convinta che, chiunque governi, nulla in concreto cambierà”.
Il berlusconismo, in sostanza, non è un’ideologia, non ha dietro un pensiero o un’idea. E’ la proiezione dai teleschermi di ogni italiano di un’illusione, di una bolla. E’ la proiezione mentale di un affarista miliardario senza scrupoli che scende in politica per difendere con ogni mezzo le proprie ricchezze accumulate, senza spiegare la loro provenienza, ma esercitare liberamente attraverso di loro un potere economico, politico e mediatico senza precedenti nella storia d’Italia e a cui tutti devono assoggettarsi, che siano uomini, poteri, istituzioni, regole.
Tuttavia, secondo Maltese, il berlusconismo non è stato fascismo, ma ha svuotato la democrazia. In maniera sistematica e diffusa, nei palazzi delle istituzioni come nelle teste dei cittadini. Ha snervato il parlamento, la magistratura, la libera informazione, la scuola.
“Siamo ridotti come il paese di Macondo, che dovrà un giorno rinominare gli oggetti”. Nel paese di Berlusconi la memoria di quello che è stata la storia d’Italia viene cancellata in un eterno fare e disfare, abolendo nell’opinione pubblica la distinzione tra vero e falso. Basta leggere le versioni manipolate e grottesche sulla resistenza, sul fascismo ed antifascismo. Ha prodotto una perdita collettiva di senso e di memoria.
L’egemonia berlusconiana ha significato il trionfo del populismo, che è alla base di ogni fascismo. Abolisce la complessità, vive di certezze, di controllo dell’informazione di teorie semplici. E attribuisce ogni problema a una causa umana, alla presenza di un gruppo di nemici e traditori infiltrati nel sistema e responsabili di ogni problema. Con Berlusconi il populismo diventa una sequela di pogrom contro l’ebreo di turno: gli immigrati, i magistrati indipendenti, i giornalisti disfattisti, gli insegnanti, i “fannulloni”, i cattolici dissidenti ecc. Il suo successo di questo modo di ragionare è confermato attraverso le teorie del complotto, anche in vasti settori dell’opposizione.
Sull’ebbrezza di potere di quest’uomo, destinata a provocare più danni, viene letto il suo stato di salute mentale (Psicopatologia di una nazione). L’allarme è lanciato dalla donna che gli ha vissuto accanto per trentanni, Veronica Lario, lascia sgomenti:“Mio marito non sta bene.“Insegue lo spirito di Napoleone, non è un dittatore. Il rischio è che la dittatura arrivi dopo di lui. La dittatura arriva dopo che la democrazia è stata svuotata”. E se la democrazia viene svuotata, come sta succedendo, in altre parole “Muoia Sansone e tutti i Filistei” per condensare il concetto espresso da Massimo Giannini ne Lo statista o alla fine incendiaria a cui pensa il premier nel Caimano di Moretti.
Terribili sono poi le analisi, che ne hanno fatte dieci anni fa, due grandi psicoanalisti italiani, Mauro Mancia e Arnaldo Novelletto. Un caso interessante di psicopatologia che va dal narcisismo estremo - egli sostituisce la realtà con una propria visione, che si manifesta con la negazione. Nega tutto ciò che è evidente. Alla negazione è collegata la menzogna – alle tentazioni autoritarie - proiettando per quindici anni in una sinistra “comunista” e “liberticida” che esisteva solo nella sua mente le pulsioni autoritarie, la volontà di prevalere, non nel libero gioco democratico l’avversario, ma nella distruzione con ogni mezzo del nemico. La proiezione raggiunge poi il picco più alto riguardo il sentimento forse più forte provato nella vita da Berlusconi: l’invidia. “E’ ricchissimo, celebre, osannato - prosegue Maltese - ma incarna tutte le invidie tipiche del borghese piccolo piccolo. E’ invidioso di molti: di chi è più bello, più alto, più colto, di chi ha più capelli e di chi non ha bisogno di potere o danaro per conquistare una donna.” “Vive un complesso di inferiorità spaventoso, compensato da deliri da megalomane”, era la sintesi di Mancia. Sentimento che raggiunge il parossismo nei vertici internazionali (gli esempi ormai si sprecano).
Tuttavia, il “non regime” di Berlusconi sarebbe riuscito - secondo Maltese - laddove hanno fallito i fascismi, nonostante i lager e i gulag: l’eliminazione totale dalla scena degli intellettuali, cioè di coloro che pensano autonomamente da un interesse costituito, chi esprime un pensiero autonomo. “Ma in Italia il pensiero autonomo non esiste, è al servizio di qualcosa”. La sola parola intellettuale nell’Italia contemporanea è diventata ormai un insulto. “La figura dell’intellettuale che incide sulla realtà come Pasolini, Moravia, Eco, è ora una figura in ombra sostituita da personaggi mediatici, televisivi, spesso superficiali che non fanno riflettere sulla realtà, ma semplicemente creano un serie di club di seguaci, come se fossero delle rock-star.”
La paga del consenso Maltese ci elenca con dovizia di particolari che chi vota Berlusconi sa che non gli faranno dei controlli, infatti ogni volta che Berlusconi va al governo il tasso di evasione fiscale sale immediatamente mentre le entrate fiscali crollano. “l’Italia ha un’evasione fiscale che è più del doppio della media europea, che sottrae allo Stato ogni anno 150 miliardi di euro”. E la politica dei condoni non fa che aumentare questo disastro. In Italia chi paga le tasse è prevalentemente il lavoratore dipendente per avere dei servizi scadenti, chi non le paga le paga meno che nei paradisi fiscali. “In altre parole l’Italia è diventata il più grande paradiso fiscale del mondo. Per chi ci sa fare, s’intende”.
Se da un lato per i furbi è il trionfo, il rompete le righe, il bengodi, dall’altro, sogni e speranze vengono distrutte. Come le storie dei ragazzi del movimento studentesco dell’Onda (La rabbia dei miti), o come la storia, magnifica e orrenda di giovani professori come Massimo Marchiori (Polli da spennare), un trentenne del dipartimento di matematica di Padova che ha cambiato la vita di miliardi di persone ma che vive con uno stipendio di duemila euro. Uno spaccato di com’è ridotta l’Università italiana, una sorta di luna park degli orrori e l’incontro con quella perfetta a venti chilometri dal confine.
Sogni e speranze distrutte dei tanti lavoratori dei call-center (Laura che non si chiama Laura), il capitolo dedicato sui giovani che pagano il prezzo più alto ai problemi del paese. La storia della lotta dei precari della ATESIA, un grande call-center alle porte di Roma. Laura è una delle ragazze che rispondono alle nostre chiamate con un nome falso. Dietro queste risposte meccaniche ci sono le vite umane, vite di giovani, alcuni non più tanto giovani che hanno bruciato le proprie speranze. Sono entrati in un call-center per mantenersi agli studi ma poi sono rimasti lì per tanti anni senza diritti, senza uno stipendio decente. La grande bugia della flessibilità si è ridotta a questo, cioè a una forma di schiavizzazione del lavoro.
E poi le grandi bufale dei lavori pubblici (Una campata per aria) – come l’ospedale San salvatore dell’Aquila, il passante di Mestre, i rifiuti a Napoli, l’Alta Velocità, la Tav in Toscana, la Salerno-Reggio Calabria, il ponte sullo stretto e tante altre - realizzate dalla più grande impresa di costruzione, come la Impregilo, a cui il premier ha affidato il destino del paese e sulla quale non si possono fare inchieste giornaliste.
Un capitolo, però lo riserva al maggior partito di opposizione (Gli alibi della sinistra), responsabile di non essersi mai posto il problema di battere Berlusconi, perché occupato a non farsi sostituire da altri dirigenti di sinistra. Non è riuscito a fare la legge sul conflitto di interessi, ma per quindici anni ha conservato gli stessi dirigenti, ha cambiato simboli, fondato, nel frattempo, tre o quattro partiti diversi. In sostanza, la nomenclatura del centro-sinistra avrebbe trovato in Berlusconi, un elemento di autoconservazione.
Il libro si conclude con una riflessione amara sul fallimento di una generazione di giornalisti della carta stampata, “l’Italia non è un paese dove c’è grande libertà di stampa e a noi è andata male. Io sono stato molto fortunato a fare un mestiere molto bello, il giornalista della carta stampata, un mestiere che è destinato a finire”. Ma cede il testimone lanciando un messaggio di speranza a tutti gli aspiranti giornalisti “Ora tocca a voi raccontare l’Italia agli italiani. In futuro ci saranno altre forme di comunicazione, Internet per esempio, dalle quali io non sono particolarmente affascinato perché non è la mia forma di comunicazione anche se saranno splendide”.
Ma occorre adesso stare attenti, quando Berlusconi sarà finito, occorrerà fare i conti con un’eredità pesante, come accade sempre quando esplode una “bolla”.

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